L’iter di transizione : l’esperienza del SAT del Circolo Pink di Verona

A cura di Beatrice Gusmano, sociologa, Gruppo di redazione.

In Italia esistono diversi consultori per persone transessuali e transgender gestiti dalle associazioni di volontariato: dopo il primo consultorio avviato dal MIT (Movimento Identità Transessuale) a Bologna nel 1994, nel corso degli anni si sono sviluppate altre esperienze e ad oggi sono sette i consultori autogestiti presenti sul territorio nazionale.
Accanto al Consultorio del MIT ci sono infatti: a Torino lo Sportello Trans Spo.T del Gruppo Luna; a Milano lo Sportello Trans ALA Milano Onlus; a Verona il SAT (Servizio Accoglienza Trans/Transgender) del Circolo Pink; a Torre del Lago (Lucca) il Consultorio Transgenere; a Firenze il Consultorio della Salute dell’Associazione IREOS; a Roma lo Sportello dell’Associazione Libellula.

In questo articolo intendiamo approfondire l’esperienza del SAT, il Servizio Accoglienza Trans/Transgender del Circolo Pink di Verona che in questi anni è diventato un punto di riferimento del Triveneto, sviluppando in modo sistematico – anche attraverso l’avvio di specifiche convenzioni e la formazione di volontari/e – quel lavoro di rete con i servizi e l’associazionismo del territorio che caratterizza l’attività di questa tipologia di consultori. La descrizione delle attività del SAT è anche occasione per presentare come si svolge il percorso di transizione in tutte le sue diverse fasi.
Il SAT nasce con lo specifico intento di dare risposte ai tanti bisogni delle persone transessuali e transgender del Triveneto: in seguito, infatti, alle numerose richieste ricevute da parte di persone transessuali/transgender e constatata l’assenza di servizi pubblici sul territorio veronese specificatamente dedicati a questa tematica, il Circolo Pink (associazione GLBTQE attiva a Verona dal 1985) decide di creare il SAT nel novembre 2011. I principi fondanti del Servizio sono gli stessi che hanno ispirato la più che ventennale attività del Circolo Pink: non solo il riconoscimento dei diritti, nel caso specifico il diritto di essere se stessi/se stesse, ma anche la possibilità di avere un luogo di riferimento, di incontro, di discussione su una condizione, quella delle persone con identità di genere non conforme al proprio sesso biologico, difficile da vivere con serenità nella nostra società. La paura della condanna sociale e religiosa, del rifiuto familiare, della perdita del lavoro, della discriminazione, costringono molte persone transessuali a vivere una condizione di auto-emarginazione, di isolamento e di infelicità.

Per supportare la fase di transizione, il SAT-Pink ha quindi aperto uno sportello di accoglienza e ha attivato diverse collaborazioni con i servizi del territorio: presso il SAT è infatti possibile iniziare attivamente il percorso di transizione, grazie alla presenza e alla collaborazione di specialisti e professionisti quali due psicologhe, un medico endocrinologo per la terapia ormonale e un avvocato per l’assistenza legale (si tratta di collaborazioni formalizzate attraverso la firma di convenzioni sottoscritte da entrambe le parti). L’intervento principale del SAT è stato ed è quello di accogliere gli utenti in un ambiente protetto, non giudicante e rispettoso, dove si possano sentire a proprio agio ed esprimere bisogni e necessità. Tale accoglienza si è anche concretizzata attraverso il gruppo di auto-mutuo-aiuto, uno spazio di confronto tra persone che condividono la stessa esperienza, nonché un’occasione per condividere anche gli aspetti pratici e legati alle dimensioni socio-relazionali. Il gruppo inizialmente è stato facilitato da due volontarie, le quali hanno notato un divario rispetto alla dimensione dell’età e del tipo di transizione (FtM molto giovani con problematiche più legate al vivere con i genitori, alla scuola e al rapporto tra pari; MtF generalmente più adulte con problematiche connesse al lavoro e ad eventuali matrimoni e figli precedenti la transizione), motivo per cui si è valutata la possibilità di formare due gruppi più omogenei rispetto alle tipologie di situazioni da affrontare. Inoltre, il SAT offre un servizio di mentoring, ovvero la possibilità per l’utenza di confrontarsi con chi ha già affrontato il percorso di transizione, in maniera tale da avere supporto da una figura non professionale con la quale si condivide un vissuto e che, dunque, gode di una competenza esperienziale diretta.
Il SAT propone, pertanto, un percorso personalizzato, cercando di rispondere alle richieste e alle singole esigenze: molte di queste persone sono transessuali e transgender che hanno chiesto un aiuto e un supporto concreto per intraprendere l’iter di transizione, ma anche tante/i che cercavano e cercano di capirsi meglio, nonché i loro genitori, amici e parenti. Internet e i contatti personali si rivelano essere la principale fonte di conoscenza del servizio, seguiti dall’invio da parte di altre associazioni sul territorio nazionale.

Da novembre 2011 a novembre 2013, 49 persone si sono rivolte al SAT (a cui si aggiungono 23 accessi da novembre 2013 a maggio 2014), mettendo in evidenza come tale servizio sia un punto di riferimento non solo per la regione: la maggior parte provengono dal Veneto, diverse persone da Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige ed Emilia Romagna; le restanti da altre regioni quali Sicilia, Puglia, Liguria e Piemonte. Una delle iniziative recenti del SAT, su stimolo proprio del circolo Pink, riguarda la mappatura e la messa in rete dei servizi che si rivolgono alle persone LGBTI del Veneto al fine di creare dei percorsi preferenziali di invio dell’utenza al SAT.
Delle 49 persone accolte sino a novembre 2013, 16 sono le persone giovani sotto i 25 anni, spesso accompagnate dai genitori. Su tali 49 accessi, 27 risultano presi in carico dal SAT, dove per ‘presa in carico’ si intende un percorso che può prevedere un supporto psicologico o l’inizio dell’iter di transizione e/o della terapia ormonale, la partecipazione al gruppo di auto-aiuto, la consulenza dell’avvocato. Nello specifico, un totale di 11 persone è attualmente seguito per l’iter di transizione, di cui 10 stanno svolgendo il percorso endocrinologico, mentre 5 si sono avvalse della consulenza del legale che collabora con il Servizio. Vediamo ora nel dettaglio qual è l’iter di transizione attivato dal SAT-PINK, ovvero l’applicazione nella città di Verona dello standard sui programmi di adeguamento della disforia di genere fornito da ONIG (Osservatorio Nazionale sull’Identità di Genere).

1. Analisi della domanda e valutazione dell’eleggibilità

Il SAT, in quanto consultorio autogestito e basato sull’attività volontaria, offre una prima accoglienza per dare ascolto alle problematiche di coloro che si rivolgono al Servizio, garantendo rispetto e privacy. Il SAT è gestito da persone provenienti da vari contesti culturali e con diversi percorsi di studio e di lavoro, e i volontari e le volontarie sono stati/e preparati/e a tale compito grazie ad un corso di formazione della durata di tre mesi. Bisogna riconoscere il ruolo del SAT anche nel fornire informazioni rispetto a persone che si interrogano rispetto al proprio orientamento sessuale o alla propria identità di genere: lo Sportello, infatti, ha valenza di filtro riguardo alle richieste, perché non tutta l’utenza ha la necessità di arrivare alla consulenza psicologica ma, a volte, necessita semplicemente di essere indirizzata rispetto ad esigenze individuali. Il SAT, infatti, offre:

  • informazioni e orientamento (ad esempio, sui centri medici italiani in cui è possibile effettuare la transizione, le associazioni sul territorio che lavorano in questo ambito, locali e o circoli di aggregazione, negozi e centri estetici friendly);
  • ascolto telefonico;
  • incontri con genitori/amici e partner di persone transessuali;
  • gruppo di auto-mutuo-aiuto;
  • momenti di incontro e confronto con persone transessuali e transgender, anche attraverso il servizio di mentoring;
  • informazione legale.

Per poter accedere all’iter di transizione, invece, è necessaria una diagnosi di transessualismo da parte di uno/a psicologo/a, un/a sessuologo/a o uno/a psichiatra, ed esami clinici completi. Per questa ragione, come accennato prima, il SAT ha attivato due collaborazioni con altrettante psicologhe convenzionate con il SSN.

2. Terapia ormonale

In seguito alla diagnosi di transessualismo e ad un adeguato percorso psicologico, specifico caso per caso, si può poi accedere alla terapia ormonale: un/a endocrinologo/a prescrive una terapia farmacologica con ormoni del sesso desiderato con lo scopo di adeguare il più possibile le sembianze fisiche al proprio vissuto psicologico. Si tratta dell’inizio del percorso ‘esteriore’, quello percepito dagli ‘altri’, il cui risultato complessivo è molto soggettivo e dipende dall’età con cui si inizia il percorso di transizione. In questa fase, non viene modificata la struttura ossea, non viene eliminata la barba né cambia il tono di voce nelle donne MtF, e non si elimina il seno negli uomini FtM: al di là quindi della valenza medica o dei risultati conseguiti, la terapia ormonale ha sicuramente degli effetti psicologici in quanto sancisce l’inizio del cambiamento.
Il SAT-Pink ha avviato una collaborazione con un medico endocrinologo che riceve sia in Ospedale, quindi in regime di SSN, sia privatamente. L’accesso all’ambulatorio di endocrinologia (sia pubblico che privato) per l’inizio del trattamento ormonale è successivo e conseguente all’accesso al SAT e al percorso psico-diagnostico, che prevede la formulazione della diagnosi di Disforia di Genere. La prima visita prevede, di norma, la valutazione medico-sanitaria dello stato attuale di salute della persona e la prescrizione degli esami necessari per l’eventuale avvio del trattamento ormonale. Contestualmente alla terapia ormonale, la persona in transizione inizia il periodo chiamato ‘test di vita reale’ nel genere vissuto come più vicino rispetto al proprio interno sentire. Si tratta di un periodo di tempo variabile in cui la persona vive nel genere scelto, confrontandosi con le sfide dettate dall’ambiente esterno e dalla propria percezione di sé.

3. Iter legale – Fase 1

Possiamo suddividere l’iter legale in 2 fasi, una precedente e una successiva alla riassegnazione chirurgica, in cui l’utente è seguito/a da un/a legale, grazie a una convenzione sottoscritta dal SAT con i/le professionisti/e.

Autorizzazione all’operazione chirurgica

Per ottenere l’autorizzazione all’intervento chirurgico, ai sensi della Legge 164 del 14 aprile 1982, si fa ricorso al Tribunale di residenza della persona che sta affrontando l’iter di transizione presentando le relazioni di psicologo/a – psichiatra ed endocrinologo/a: questo compito è interamente svolto dal/la consulente legale. Il Tribunale può accettare le relazioni, o nominare dei periti d’ufficio (a carico dell’utente). Ad oggi, la sentenza di rettificazione di attribuzione di sesso determina lo scioglimento del matrimonio o la cessazione degli effetti civili conseguenti alla trascrizione del matrimonio celebrato con rito religioso. Una sentenza della Corte Costituzionale, nel 2014, ha però dichiarato l’incostituzionalità della norma che impone lo scioglimento automatico del vincolo matrimoniale in caso di cambiamento di sesso di uno dei coniugi. Tale pronuncia è stata confermata dalla Corte di Cassazione, con una sentenza del 21 aprile 2015 (Cfr. “Identità di genere”).

4. Riassegnazione Chirurgica del Sesso (RCS)

La riassegnazione o riconversione chirurgica del sesso, a cui è possibile accedere solo in seguito all’autorizzazione del Tribunale, prevede percorsi diversi per le donne MtF e per gli uomini FtM. Nel caso di soggetti MtF, è possibile accedere alla mastoplastica additiva e, in seguito all’intervento demolitivo, alla vaginoplastica: la prima operazione, considerata estetica, è interamente a carico dell’utente, mentre la seconda può essere effettuata attraverso il SSN. Nel caso di soggetti FtM, invece, l’intervento di mastectomia prevede sia l’asportazione di ghiandole mammarie e seni che il rimodellamento del torace. Per quel che riguarda gli organi sessuali primari, si procede inizialmente all’istero-annessiectomia (asportazione di utero e ovaie), a cui seguono gli interventi ricostruttivi che possono essere di diverso tipo, dalla falloplastica (costruzione del neofallo attraverso l’asportazione di altre parti del corpo del paziente) alla clitoridoplastica (modellamento della clitoride in seguito all’ipertrofia provocata dalla terapia ormonale).

5. Iter legale – Fase 2

Autorizzazione al cambio anagrafico

Con le cartelle cliniche della struttura sanitaria dove è stata effettuata la riconversione, si fa ricorso al Tribunale di residenza per ottenere la rettifica anagrafica, ai sensi della Legge 164 del 14 aprile 1982 e relativi aggiornamenti. Anche in questo caso il Tribunale può accettare la cartella clinica o nominare dei periti d’ufficio (a carico dell’utente). Il Tribunale, con sentenza, ratifica l’avvenuta conversione e ordina all’ufficiale di stato civile di apportare le opportune rettifiche all’atto di nascita.
È bene precisare che solo a fronte del riconoscimento da parte del Tribunale dell’avvenuta modificazione dei caratteri sessuali è possibile ottenere l’adeguamento dei documenti di stato civile, con l’indicazione del nuovo nome e sesso. In questi ultimi anni alcune sentenze hanno però messo in discussione questo principio, come ad esempio la sentenza del Tribunale di Rovereto (Cfr. “Identità di genere”).

6. Follow up

A garanzia della salute della persona, intesa come benessere complessivo dal punto di vista sia psicofisico che sociale, i/le predetti/e operatori/operatrici si impegnano a garantire la continuità del percorso integrato di sostegno.
Il follow up ha la finalità di verificare le condizioni psico-fisiologiche e l’inserimento socio-relazionale connessi con gli adeguamenti effettuati, e di aiutare la persona ad affrontare i complessi vissuti emozionali conseguenti al percorso di adeguamento. Per quel che concerne la terapia ormonale, è importante sottolineare come sia necessario proseguirla per l’intero arco di vita, motivo per cui la persona dovrà sottoporsi a controlli periodici.
Al momento, tutti i soggetti seguiti dal SAT intendono sottoporsi alla RCS ma, negli intenti dello Sportello, non si esclude la possibilità di progettare un follow up anche per gli/le utenti che desiderano fermarsi alla terapia ormonale nell’ottica, appunto, di un riconoscimento di un percorso e di una affermazione della propria identità di genere indipendentemente dalla RCS.

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