La vicenda riguarda una coppia di persone, regolarmente sposate, nella quale uno dei due coniugi aveva intrapreso un percorso di transizione di genere (male to female). Alla conclusione di tale percorso, in base all’art. 4 della L.164/82, veniva considerato applicabile il cosiddetto ‘divorzio automatico’. La coppia, desiderando rimanere unita in matrimonio, si oppose, ed ottenne dal Tribunale di Modena una prima vittoria, poi sconfessata dalla Corte d’Appello di Bologna. Di qui, il ricorso alla Corte suprema di Cassazione, che dà l’avvio al giudizio costituzionale.
La pronuncia della Corte costituzionale nr. 170 del 2014 ha stabilito che imporre ex lege, a prescindere dalla volontà dei coniugi, lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio quale conseguenza diretta e immediata del mutamento di sesso anagrafico di uno dei coniugi viola la tutela della loro comunità di vita, quale formazione sociale protetta dall’art. 2 Cost. ed è pertanto illegittimo. Alla luce dell’impossibilità di mantenere in vita un matrimonio fra due persone divenute dello stesso sesso, spetta al legislatore, e dunque al Parlamento, individuare delle forme, alternative al matrimonio, in cui ‘tramutare’ il vincolo matrimoniale validamente contratto da un uomo e da una donna, nel caso in cui uno dei coniugi si sottoponga all’intervento di modifica del sesso anatomico e successivamente cambi l’assegnazione anagrafica.
Corte Costituzionale, sentenza 170/2014 (G. U. 18/06/2014)
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