Terza età LGBT: una conversazione con l’associazione Lambda

A cura di Giulia Selmi, sociologa, Gruppo di redazione.

Nel 2013 nella città di Torino è nato lo Sportello Terza Età dell’Associazione Lambda: la prima associazione che, in Italia, promuove servizi per l’inclusione ed il sostegno delle persone anziane LGBT in accordo con il Comune di Torino e con il Centro Servizi per il Volontariato Idea Solidale. Ne abbiamo discusso con Enzo Cucco, presidente dell’Associazione nata nel 20051.

Quali sono le ragioni che vi hanno spinto ad affrontare la questione dell’invecchiamento delle persone LGBT?

Le rispondo con una tautologia: perché noi stessi stiamo invecchiando e in questa risposta è contenuto il motore che ha dato vita a questo progetto. L’associazione Lambda, infatti, è stata fondata proprio da un gruppo di persone anziane che nel corso della loro vita hanno fatto parte del movimento per i diritti LGBT a partire dalla consapevolezza – anche biografica – che questa fase della vita merita un’attenzione specifica. La popolazione tutta sta invecchiando e la vecchiaia espone gli individui a maggiori rischi di vulnerabilità sociale di cui è necessario farsi carico. Le persone gay, lesbiche e trans – rispetto alla popolazione eterosessuale – possono essere esposte a maggiore solitudine, isolamento e fragilità sociale ed è proprio a questi ‘nuovi’ bisogni che il progetto vuole rispondere.

Per quali ragioni le persone LGBT possono essere esposte a maggiore vulnerabilità nella terza età?

La solitudine e l’isolamento sono inversamente connessi alla solidità delle reti sociali, personali e di autonomia costruite nel corso della vita. La condizione omosessuale o transessuale – soprattutto quando non dichiarate nel corso della vita o vissute in una condizione di parziale visibilità – possono rendere queste reti più fragili e, nel momento della vecchiaia, produrre una maggiore solitudine. Ciò non significa, chiaramente, che tutte le persone anziane LGBT siano più vulnerabili o isolate dei coetanei eterosessuali, ma che orientamento sessuale e identità di genere – in specifiche condizioni di vita – possono creare maggiori difficoltà ed esporre a discriminazioni e vulnerabilità.
A questo si aggiunge, anche nei servizi per la terza età, il persistere di pregiudizi e stereotipi nelle pratiche degli operatori e delle istituzioni: questo elemento – spesso più invisibile che in altri contesti o istituzioni – funge da meccanismo discriminante verso gli anziani LGBT e ostacola reali processi di inclusione.

Quando avete iniziato a pensare questo progetto avete dato uno sguardo a cosa succede all’estero? Ci sono esperienze di particolare rilievo che vale la pena segnalare?

Si, abbiamo chiaramente studiato quello che si muove in Europa e nel mondo.

Vi sono principalmente due tipologie di esperienze nel panorama mondiale: la prima è composta da associazioni di persone anziane gay, lesbiche e trans che si prefigurano come punto di incontro, scambio e advocacy dei diritti delle persone LGBT nella terza età. Di questo tipo sono i Gruppi Senior LGBT Arcigay di Modena, Bologna e Rimini nati l’anno scorso oppure il progetto “Angelo Azzurro” del Circolo Mario Mieli di Roma, appena avviato. Una seconda tipologia di esperienze – a cui fa riferimento la nostra associazione – è formata sia da persone gay, lesbiche e trans anziane che da persone giovani o adulte e promuove servizi e assistenza per persone LGBT in situazione di difficoltà.
Oltre all’esperienza dell’associazionismo, all’estero da alcuni anni si sono sviluppati dei progetti che hanno a che fare con l’assistenza residenziale, anche in questo caso di due nature. In alcuni paesi – per esempio l’Inghilterra, la Germania e la Svizzera – si sono sviluppate o si stanno progettando delle vere e proprie case di riposo per persone LGBT con tutte le caratteristiche di assistenza sociale e sanitaria che caratterizza tali strutture. A mio avviso, però, non si è trattato di esperienze di grande successo. Più interessanti, infatti, sono le esperienze di housing sociale sviluppate non tanto sulla questione della terza età o del bisogno di cura in senso stretto, ma sulla condivisione di spazi e di sostegno o tra persone che vivono la medesima condizione relazionale (per esempio persone single) o tra generazioni diverse (per esempio persone anziane e giovani). A Colonia, per esempio, c’è un’esperienza molto interessante di social housing intergenerazionale dove persone anziane LGBT condividono la casa con persone giovani che hanno temporaneamente bisogno di un alloggio, quali giovani LGBT appena usciti dalla casa di famiglia o rifugiati politici proprio in virtù della loro omosessualità o transessualità.
Dello stesso tipo è un progetto sviluppato a Madrid dalla Fundaciòn 26 Diciembre che – nello spirito del co-housing e delle nuove soluzioni abitative – sta avviando una struttura dedicata alla convivenza di persone LGBT con diversi bisogni e background (persone anziane lesbiche e gay, ma anche persone transgender con difficoltà abitative, persone straniere o HIV positive). Altro esempio che vorrei indicare è quello della Fundació Enllaç di Barcellona, molto interessante sul piano dell’attività sviluppata.

Merita di essere segnalato anche il progetto dell’associazione COC – storica associazione olandese nata nel 1948 – che ha affrontato la questione da un ulteriore punto di vista: in questo caso, invece di promuovere la creazione di strutture di assistenza e cura ad hoc, l’associazione ha sviluppato un meccanismo di valutazione (ed indirettamente, quindi, anche di sensibilizzazione) del grado di inclusività e accoglienza nei confronti della popolazione LGBT delle strutture già esistenti e promosso, in accordo con le istituzioni locali, una sorta di ‘certificazione’ per identificare le strutture più adatte per persone di terza età gay lesbiche e trans.

Oltre a progetti e associazioni, è interessante nominare le linee guida promosse da ILGA EUROPE in accordo con AGE (la rete europea delle associazioni di volontariato per la terza età) che identificano una road map per promuovere i diritti delle persone LGBT anziane e offrono delle raccomandazioni su come implementare i servizi esistenti. E’ proprio questo documento ad essere la cornice di riferimento delle attività della nostra associazione.

Entrando nel merito del vostro lavoro, quali attività svolgete?

Svolgiamo attività ‘classiche’ dei servizi di assistenza agli anziani: offriamo ore di svago e compagnia, supportiamo nello svolgersi dei bisogni quotidiani come fare la spesa o cercare un medico specialistico e offriamo attività di consulenza e orientamento rispetto ad alcune questioni che diventano cruciali nell’avvicinarsi del fine vita come tutto ciò che è connesso a testamenti, eredità e patrimonio, cose che data l’attuale normativa italiana di riconoscimento delle unioni e dei rapporti di parentela presentano non pochi problemi per le persone LGBT. Per fare queste attività abbiamo dedicato molti mesi alla discussione interna e alla selezione e formazione di operatori e operatrici volontari/e che hanno deciso di investire parte del loro tempo in questo progetto e solo nel mese di settembre di quest’anno abbiamo iniziato il lavoro ‘sul campo’.

Oltre a questo lavoro di servizio e supporto, obiettivo dell’associazione è quello di lavorare con le istituzioni per inserire un’attenzione trasversale alle questioni LGBT in tutti i servizi che riguardano la terza età: dalla nostra fondazione abbiamo già aperto un dialogo con alcuni servizi sulla terza età della Città di Torino, ma l’ambizione è quella di lavorare in modo sempre più trasversale e massiccio nella formazione di operatori/operatrici e sul design dei servizi per rimuovere stereotipi e pregiudizi e promuovere una reale inclusione.

[1] Enzo Cucco, e tutto il primo gruppo di volontari dell’Associazione (AngeloPezzana, Enzo Francone, Marco Silombria e altri), proviene dall’esperienza del Fuori! nel quale è entrato nel 1976 e dove ha svolto il ruolo di direttore della omonima rivista. L’Associazione Lambda è regolamente iscritta all’Albo regionale del volontariato, all’Albo UNAR e a ILGA Europe.

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