Tale Convenzione, ratificata dall’Assemblea delle Nazioni Unite a Ginevra sei anni dopo la conclusione del secondo conflitto mondiale, introdusse alcuni criteri internazionali per la protezione dei rifugiati, indicando gli obblighi degli Stati contraenti nei confronti dei titolari del diritto di asilo presenti sul proprio territorio, nonché diritti e doveri di questi ultimi nei confronti dello Stato ospitante. Essa si rivolge «a chiunque, per causa di avvenimenti anteriori al 1° gennaio 1951 e nel giustificato timore d’essere perseguitato per la sua razza, la sua religione, la sua cittadinanza, la sua appartenenza a un determinato gruppo sociale o le sue opinioni politiche, si trova fuori dello Stato di cui possiede la cittadinanza e non può o, per tale timore, non vuole domandare la protezione di detto Stato; oppure a chiunque, essendo apolide e trovandosi fuori del suo Stato di domicilio in seguito a tali avvenimenti, non può o, per il timore sopra indicato, non vuole ritornarvi». In seguito al Protocollo del 1967 relativo allo status dei rifugiati, il vincolo della data indicata fu eliminato e le norme della Convenzione del 1951 furono estese senza limiti temporali. Per ciò che concerne lo status delle persone LGBT e la loro titolarità alla protezione internazionale, questo documento assume grande valore, in quanto fondamentale predecessore delle Linee guida UNHCR in materia di domande di protezione internazionale fondate su persecuzione di genere, appartenenza ad un determinato gruppo sociale ed orientamento sessuale e/o identità di genere.