Decreto Legislativo 9 luglio 2003, n. 216 e successive modifiche


Descrizione

Il decreto riporta le disposizioni riguardanti l’attuazione della parità di trattamento delle persone, indipendentemente dalla religione, dalle convinzioni personali, dalle diverse abilità, dall’età e dall’orientamento sessuale, per quanto concerne l’occupazione e le condizioni di lavoro, in modo che tali fattori non siano discriminanti. L’Italia, con questo decreto, ha recepito la Direttiva Europea (EC 2000/78 del 27/11/2000) per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro. L’attuazione del principio di parità, secondo la normativa, prevede l’assenza di qualsiasi forma di discriminazione diretta (una persona è trattata meno favorevolmente di un’altra in una situazione analoga, per motivi religiosi, di diversa abilità, di orientamento sessuale…), di discriminazione indiretta (quando una disposizione o un comportamento che possono sembrare neutrali mettono in realtà le persone che professano una determinata religione o con diversa abilità, le persone di una particolare età o di uno specifico orientamento sessuale, in una situazione svantaggiosa rispetto ad altre) e di molestia (quel comportamento indesiderato che lede la dignità di una persona e crea un clima intimidatorio e umiliante). Gli ambiti tutelati dal decreto legislativo riguardano l’accesso al lavoro, sia autonomo che dipendente (compresi i criteri di selezione e le condizioni di assunzione), l’occupazione e le condizioni di lavoro (carriera, retribuzione, licenziamento), l’accesso alla formazione e alla riqualificazione professionale, la partecipazione ad organizzazioni di lavoratori e di datori di lavoro. Il decreto legislativo di recepimento della normativa europea antidiscriminatoria è stato molto criticato perché non considerava tutte le indicazioni contemplate nella Direttiva europea ed è stato oggetto di una procedura d’infrazione (2006/2441) sulla base di una sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità Europee. Per questo il decreto è stato modificato con la Legge n. 101 del 6 giugno 2008 (in attuazione del Decreto legge 59/2008) che ha eliminato il regime speciale di infrazione alla normativa antidiscriminatoria inizialmente concesso alla Forze Armate e ha esteso la possibilità di ricorrere in giudizio, oltre che ai maggiori sindacati, anche alle associazioni ed alle organizzazioni rappresentative del diritto o dell’interesse leso. La Legge 101/2008 ha inoltre modificato l’articolo 4 del decreto legislativo 216/2003 ristabilendo l’onere della prova a carico del convenuto (colui che è accusato di aver commesso una discriminazione) e non del ricorrente (colui che ritiene di averla subita). Tale articolo è stato ancora modificato e perfezionato con il decreto legislativo 150/2011. Se inizialmente spettava al ricorrente “dimostrare la sussistenza di un comportamento discriminatorio a proprio danno” sulla base “di dati statistici, elementi di fatto, in termini gravi, precisi e concordanti”, ora, invece, “quando il ricorrente fornisce elementi di fatto, desunti anche da dati di carattere statistico, dai quali si può presumere l’esistenza di atti, patti o comportamenti discriminatori, spetta al convenuto l’onere di provare l’insussistenza della discriminazione”.

Estremi di pubblicazione

Gazzetta Ufficiale N. 187 del 13 Agosto 2003

Tag
Diritti, Lavoro, Orientamento sessuale
Percorsi di lettura associati
percorso introduttivo , parti sociali, pubblica amministrazione e volontariato
Tipologia di documento
Tweet about this on TwitterShare on FacebookShare on Google+Pin on PinterestEmail this to someonePrint this page

Questo sito utilizza cookies tecnici e di terze parti. Se non accetti i cookies alcuni contenuti potrebbero non essere visibili. Maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fonire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o clicchi su "Accetta" permetti al loro utilizzo.

Chiudi