Con tale provvedimento il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Busto Arsizio ha stabilito che nell’ipotesi di un commento su internet avente contenuto oggettivamente offensivo integrante il delitto di diffamazione, sussiste l’esimente della provocazione ove la condotta sia stata determinata dall’altrui fatto ingiusto consistente in dichiarazioni omofobe. Uno studente universitario, P.C., era stato querelato dall’allora Sindaco di Sulmona per il reato di diffamazione aggravata di cui all’art. 595, III comma, c.p. per i suoi commenti pubblicati sul sito internet in cui erano riportate alcune dichiarazioni rilasciate dal politico a una televisione locale. Il pubblico ministero procedente, nella sua richiesta di archiviazione, aveva evidenziato come gli insulti dell’indagato nei confronti del querelante fossero stati determinati dalle affermazioni di quest’ultimo che, commentando pubblicamente la proposta dei c.d. 'PACS', aveva spiegato come «l’omosessualità sarebbe una patologia di carattere genetico, come la sindrome di Down, che gli omosessuali sarebbero “aberrazioni genetiche” e quindi persone da curare in quanto avrebbero fatto una scelta contraria rispetto alle determinazioni della natura». Il pubblico ministero aveva concluso il suo ragionamento definendo la reazione dell’indagato «anche sin troppo contenuta rispetto alla gravità delle affermazioni di chiaro stampo omofobo rese dalla p.o.». Il Giudice per le indagini preliminari ha quindi accolto la tesi della sussistenza della provocazione quale causa di non punibilità ai sensi dell’art. 599 c.p., disponendo l’archiviazione del procedimento penale.
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