Sentenza 138/2010 della Corte Costituzionale


Descrizione

La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 138 del 2010, afferma che il matrimonio tra persone dello stesso sesso non può essere tutelato dalla Costituzione e che il suo divieto non può considerarsi incostituzionale, ma, contestualmente, demanda al legislatore il compito di riconoscere forme di tutela per le coppie omosessuali. È stata la Corte del Tribunale di Venezia e la Corte di Appello di Trento a sollevare la questione: i giudici dei rispettivi comuni, dovendo deliberare sul rifiuto di accettare le pubblicazioni del matrimonio tra due persone dello stesso sesso, avevano stabilito che l’impossibilità di contrarre matrimonio per gli omosessuali fosse incompatibile con alcuni principi della nostra costituzione, quali gli articoli 2, 3 e 29, affidando dunque la risoluzione del problema alla Corte Costituzionale. Con la sentenza n. 138 del 14 aprile 2010, la Corte, interpellata sulla costituzionalità di questi articoli, ha dunque dichiarato l’inammissibilità del matrimonio tra persone dello stesso sesso, affermando che l’unione omosessuale, nonostante sia riconducibile all’art. 2 Cost., che riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, non rappresenta una formazione sociale idonea a costituire una famiglia fondata sul matrimonio, «a fronte di una consolidata e ultramillenaria nozione di matrimonio come unione di un uomo e di una donna» e data l’inscindibile «finalità procreativa del matrimonio che vale a differenziarlo dall’unione omosessuale» citando la sentenza stessa. Nonostante sia stata confermata l’impossibilità di accedere all’istituto del matrimonio, l’importanza della sentenza sta comunque nell’aver riconosciuto alle coppie omosessuali l’opportunità di accedere a determinati diritti. Intendendo l’unione omosessuale come stabile convivenza tra due persone dello stesso sesso, i giudici, infatti, affermano che alla coppia gay e lesbica spetta il diritto di vivere liberamente la condizione di coppia e il riconoscimento, a livello giuridico, dei connessi diritti e doveri. Sebbene lontana l’equiparazione di tali unioni al matrimonio, è al legislatore che spetta il dovere di scegliere, nei tempi, nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge, le forme di tutela più idonee.

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