Il contributo trae spunto dalla discussione sollevata dalla American Psychiatric Association (APA) in vista dell’uscita della quinta edizione del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5) sulla questione riguardante la patologizzazione e la de-patologizzazione del ‘fenomeno transessuale’. Nell’articolo viene discusso come l’APA abbia costituito un gruppo internazionale formato da studiosi esperti di questo argomento per rivedere i criteri e le definizioni delle diagnosi di Disturbo dell’Identità di Genere (DIG), categoria diagnostica inserita all’interno del DSM-IV. L’articolo ricostruisce, ed analizza criticamente, le principali posizioni teoriche emerse all’interno di tale dibattito al quale hanno preso parte anche molti rappresentanti di associazioni di persone transessuali e transgender tra cui il WPATH, la World Professional Association for Transgender Health. Il dibattito ha visto contrapporsi, da un lato, una frangia di studiosi, composto per la maggior parte da attivisti, orientati a chiedere la completa rimozione di una diagnosi psichiatrica per i soggetti transessuali e transgender e, dall’altro, un gruppo di studiosi che, seppur comprendendo gli effetti di discriminazione e stigmatizzazione prodotta dalle diagnosi psichiatriche sulle vite delle persone, riconosce la necessità della presenza di una diagnosi per consentire la copertura economica per le procedure mediche a cui vanno incontro le persone transessuali e transgender. Nell’articolo vengono ricostruite, infine, alcune fondamentali tappe del pensiero scientifico sul tema della ‘psico-sessualità’: in particolare vengono approfonditi i riferimenti teorici dei concetti di ‘sesso’/’genere’, ‘identità di genere’, ‘ruolo di genere’ e ‘orientamento sessuale’, di grande utilità non solo per comprendere il ‘fenomeno transessuale’ ma per gettare una nuova luce sulle identità soggettive e le ‘neo-sessualità’ presenti nel nostro tempo.